Elogio dello sconto

Un giorno di molti anni fa, quand’ero ancora un giovane venticinquenne, ricevemmo in azienda la visita di un importante rivenditore/grossista.
Insieme al mio titolare di allora presentammo l’azienda, il reparto produzione, il reparto assemblaggio, ed infine la sala esposizione (quella che oggi chiamano show-room) con i vari prodotti finiti.
Il possible cliente apprezzò e si complimentò per l’ottima qualità delle lavorazioni e dei prodotti finiti.
Così rientrammo in ufficio per le questioni commerciali

L’ospite esordì con: “allora, che SCONTO mi fate?”
Senza un attimo di esitazione il mio titolare rispose: “quello che vuole!”
L’ospite rimase interdetto, e solo dopo qualche secondo disse: “come sarebbe, quello che voglio?”
“certamente, quello che vuole – disse il mio titolare – Lei mi dica lo SCONTO che vuole, poi noi Le elaboriamo i relativi prezzi di listino!
Sbottò in una fragorosa risata.
“Lo sa, ha ragione. Non mi avete ancora dato il LISTINO PREZZI ! ”

Comprare lo SCONTO non è da professionisti. Lo fa solo chi non è grado di valutare la qualità del prodotto e di farne la comparazione con i prezzi della concorrenza.

Il consumatore è tempestato di pubblicità con sconti super, addirittura con prezzi “sottocosto”, saldi con sconti vertiginosi.
Sconti super: prima aumentano il prezzo, poi ti dichiarano che con il supersconto hai risparmiato (il 20, 30, 50% o anche di piu’).
Sottocosto: pratica prevista da una demenziale norma di legge. Approvata per permettere la svendita di fondi di magazzino (occorreva una legge ad hoc?), in pratica usata come specchietto per allodole per comunicare al possibile acquirente che il venditore ci sta rimettendo, così il consumatore è contento (distorsione psicologica).
In pratica usata per fare dumping commerciale.

E’ la psicologia del consumatore che è distorta.
Consciamente o meno si pretenderebbe che l’altro (il venditore) lavori gratis per te.
Anzi, meglio se ci rimette.
C’è qualcosa di distorto in questa, purtroppo diffusissima, forma mentis. Direi anzi di malvagio.
Cioè, per quale insulso motivo la ditta che ti stipendia, e da cui giustamente pretendi di essere pagato per il tuo lavoro, dovrebbe vendere i propri prodotti senza guadagnare?
E dove e come potrebbe introitare, se non guadagna, i soldi che servono a pagarti lo stipendio?
Il vecchio contadino direbbe: se vuoi mungere la mucca, devi darle da mangiare, meglio mangia, migliore e più abbondante sarà il suo latte.

E i SALDI?
Pratica usatissima nel mondo anglosassone, ma anche da noi. Una pirlata.
Devo attendere il tal giorno (oggi si chiama black-friday, anche se è mercoledì o giovedì), fissato per norma di legge, per offrire la mia merce a prezzo super-scontato.
Sempre il vecchio contadino, scarpa grossa e cervello fino, direbbe: quindi finora mi hai fregato, o quantomeno hai cercato di farlo!
E perchè non hai proposto prima prezzi un po’ (solo un po’) più bassi? Forse avresti venduto di più e ti sarebbero rimasti meno pezzi da svendere.

Ovviamente ci sono i “furbi” che comprano solo in saldo. Ma non sono questi i buoni clienti.
Una vecchia regola del commercio diceva che i buoni affari si fanno in due, diversamente non è un affare, è altra cosa.

Arca